Sunday 10 June 2012

Ricominciare stanca

È stato un weekend di incontri fortuiti, lo scorso, in cui mi sono imbattuta in conoscenze non frequentate da anni. In occasioni come queste, la domanda che mi sento rivolgere e cui mi trovo a rispondere più spesso è “cosa fai adesso?”, la precisione di quell’“adesso” a segnare questi tempi incerti.

La risposta standard è “faccio questo, però…” fateci caso: c’è sempre un però –però ho firmato un contratto che già puzzava di scadenza, però non è quello che voglio fare, però non mi pagano abbastanza… Non ho ancora incontrato una persona che risponde “faccio quello che ho sempre voluto fare e che spero di fare per il resto della mia vita”.

Il cambiamento è ormai diventato abitudine per una generazione che anela ad annoiarsi nella routine consolidata.

Il colloquio di lavoro è sempre un momento delicato: la curiosità del potenziale datore di lavoro si concentra non tanto sulla formazione o sull’esperienza professionale, ma sugli intervalli fra un lavoro e l’altro.

Erika, che ha appena concluso un’intensa stagione di colloqui milanesi, conosce bene la procedura, ed è l’autrice di alcune delle risposte migliori da usare in alternativa all’ovvia e onesta: “negli ultimi 3 mesi non ho lavorato perché ero troppo impegnata a cercarmelo, un lavoro”, o alla sintetica, ma antipatica “i fatti miei”. Ecco la mia personale classifica:

Non ho lavorato perché
a) Ho fatto un safari fotografico in Namibia, tra giraffe e elefanti.
b) Sono stata in Giappone a vedere la fioritura dei ciliegi.
c) Ho scopato. Tantissimo.

Mi torna alla mente un pomeriggio di un paio di mesi fa: mi ero appena ritrasferita a Milano dopo aver trovato un lavoretto part-part-time: avere una settimana lavorativa di 12 ore è l’ideale per l’equilibrio psicofisico, peccato che significhi fare la fame, e che probabilmente non sia nemmeno legale, ma tant’è…
Uno di quei lunghi pomeriggi liberi che ormai sono solo un ricordo comunque, lo stavo passando su una panchina di parco Sempione con il mio ex che, conoscendo il mio zelo lombardo, indagava su come riempissi le mie giornate. A me già il fatto di trovarmi lì, a perdere tempo in inconcludenti riflessioni sulla fine della nostra relazione, sembrava esemplificativo, ma per dovere di cronaca, gli ho fatto una lista; cosa faccio quando non lavoro? Vediamo: passeggio, chiacchiero (anche le due cose insieme, anche da sola), stilo la classifica delle migliori gelaterie di Milano, mi alleno nel window shopping allungando la lista di tutto quello che mi comprerò quando sarò ricca, passo l’aspirapolvere, vedo gente… non mi annoio, insomma…
Sono cintura nera di cazzeggio, e ne vado molto fiera.

E poi, se non ti perdi d’animo, proprio quando ti stavi abituando alla vita del clochard, il lavoro arriva. E ti sconvolge il delicato equilibrio fatto di ritmi e riti sedimentatisi col tempo. Esemplare in questo senso la sintesi regalata da Valeria apparsa sulla sua bacheca qualche tempo fa. Ricominciare stanca.

Che palle ricominciare sempre tutto daccapo porca merda! Casa, gente, amici, relazioni, hobby, palestre, librerie, biblioteche, mercati, negozi fighi, edicole di fiducia, bar di fiducia, routine, marche preferite, scorciatoie, negozi economici, poter dire "conosco uno che", guardaroba, alimentari in sconto, i segreti per accendere il fornello di casa, i vicini gentili e quelli da evitare, le abitudini degli altri, il cap di casa, le feste annuali, quando ci sono i fuochi di artificio, i giorni della monnezza sempre sempre sempre di nuovo rifare tutto da capo e rimemorizzare. Basta reinserirmi sempre dappertutto, chiede che succede in giro, trovare l'appassionato di film di turno, la gelateria più buona, dire "è che non abito da molto qua", i nomi dei quartiere, gli orari dell'autobus, i giri a vuoto, i contratti internet, non aver presente i vari "ti ricordi quando" e cheppalle pensare qualcosa da fare e poi dire "vabbe ma tanto tra un po me ne vado". Choose life stocaz

Succede: io ho fatto un anno che possiamo definire sabbatico, se non disoccupatico, e poi nel giro di 3 mesi mi sono trovata a palleggiare due lavori, con risultati altalenanti. Ma va bene così. Anche perché che alternative ho?
L’impressione è quella di non riuscire a mantenere un controllo sulla propria vita: virtualmente siamo tutti liberi di fare qualsiasi cosa ci passi per la testa, ma per farlo dobbiamo prima aspettare che qualcuno ce lo conceda.

Mi sono iscritta a un corso per ottenere una qualche qualifica che mi permettesse di ricominciare fuori dall’Italia, con l’obiettivo di farmi l’ennesima ultima esperienza all’estero; le congiunzioni astrali invece mi hanno riportato a Milano, città che già mi aveva regalato due anni bellissimi e che io non avevo fatto nemmeno rientrare nella rosa delle destinazioni possibili.

La mia vita è qui, e io volevo cercarla altrove. Grazie al cielo, il cielo mi ha riportato sulla strada di casa.

Mi confrontavo su questo con Andrea, in un’innocente chattata che a un tratto ha preso una svolta decisamente marzulliana: la riporto di seguito, nella sua sgrammaticata interezza...

C:      dato che l'anno scorso ho lavorato 3 mesi, ora per recuperare 
          faccio 2 lavori, più o meno part-time
          1. insegnante di inglese
          2. segretaria/redattrice/jolly @ deejay TV 
          (rientrata dopo 3 anni di assenza) 
A:      uahhaha...a volte ritornano!
C:      sempre ritornano! 
A:      dai comunque va bene, ti tieni super impegnata e mi sa che in 
          questo periodo è la priorità! 
          Sono contento di sentirti 'in movimento”
C:      sì. anche se non avrei mai pensato di ricominciare da Milano!
A:      uh...sapessi quante cose io non avrei mai immaginato
C:      Io dopo Francoforte volevo ripartire immediatamente!
A:      suppongo sia necessario lasciarsi sorprendere
C:      volevo scriverlo io! è bello quando è la tua stessa vita 
          a sorprenderti!
A:      si, a volte e' una lotta, a volte e' bello... 
          trovare la chiave di lettura facilita il processo di assimilazione
          io ci ho messo un po' ad essere sincero, ma ora va meglio.
          Sto imparando a modellarmi sulle mille cose che vogliono 
          succedere per forza; cerco di goderne quanto più 
          possibile, almeno… 

Forse il segreto è dimenticare programmi e traguardi, e prendere alla lettera Bukowski quando afferma "la cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili”.

Jon, che da un anno è a capo del dipartimento di testing di un azienda francese dove i dirigenti hanno tutti meno di 30 anni, ha chiesto a tutti i suoi colleghi di pensare prima dove si trovassero esattamente un anno fa e poi dove si vedono fra un anno. Non si può dare nulla per scontato. Non si è mai arrivati, se non ci si prefigge un punto d’arrivo.

Quello che mi da’ la forza di andare avanti è il sognare, anzi il desiderare una vita piena, e bella. Una vita bella piena di vita. Dato che le soddisfazioni in campo lavorativo non sono all’ordine del giorno, accontentarsi di una soluzione di comodo non è un’opzione. Con tutto l’impegno che ci si mette a rimanere in carreggiata e a mantenere un livello di entusiasmo adeguato alla sopravvivenza, dobbiamo convincerci che ci meritiamo sempre di più di quello che questi tempi grami possono offrirci.