Friday 20 December 2013

All Stars e Gazelle

Brescia, Claudia dal calzolaio

“Buongiorno, quanto costa rifare il tacco?”
“Mi faccia vedere… Per questo posso fare dieci euro”
“D’accordo. Quando posso ripassare a prenderli?”
“Fra tre giorni sono pronti.”
“Perfetto.”
“Che nome metto?”
“Claudia”
“Ecco a lei. Si ricordi di riportare il cedolino. Grazie e arrivederci.”
“Grazie e lei.”

Roma, Claudia dal calzolaio

“Questi sono i miei stivali preferiti”
annuncio, estraendo i miei stivaletti grigi da una borsa come un coniglio dal cilindro.
Sono un paio di scarpe consumate al punto da giustificare il lancio nel bidone della spazzatura, ma non riesco ad abbandonarli. Abbiamo fatto tanta strada insieme. Letteralmente.
Ricordo persino l’ultima volta che li ho fatti aggiustare: a Madrid la suola dello stivale sinistro si era scollata sul davanti, e sembrava mi parlasse, mentre camminavo: se avessi ascoltato avrei sentito una vocina che diceva “lasciami qui, non ne posso più!” E invece avevo trovato qualcuno disposto ad incollarli e obbligato i miei stivali a disegnare traiettorie irripetibili perdendoci insieme nell’ennesima città.
Una volta invece, in Marocco, ho detto addio alle mie All Stars dopo anni di appassionata convivenza. Le ho lasciate sul lungomare, baciate dal sole, posizionate per la foto ricordo con la lingua rigirata all’esterno e i lacci sciolti, come se, esauste, avessero infine trovato il posto perfetto dove fermarsi.  

“Scusa, posso?”
Il calzolaio allunga la mano, prende gli stivali e li appoggia sul banco, per analizzarli più da vicino.
Io analizzo lui: non pensavo che il calzolaio fosse un lavoro per giovani. Si accorge del mio interesse, ma lo interpreta come sospetto:
“Ah, scusa per le mani, sono ancora nere perché stavo verniciando. Ma non preoccuparti, non sporcano.
Avrà più o meno la mia età: mercoledì sera calcetto con gli amici, domenica allo stadio, giovedì prove con la band: sono anni che perfezionano i loro pezzi, ma non si sentono mai abbastanza sicuri da aggiungerli in scaletta alle  cover che suonano in concerto. Non riesco a trovare traccia di una donna.
Cosa è successo qui?” chiede, mostrando il tacco consumato sul lato esterno
“Lo so, faccio così a tutte le scarpe, cammino tutta storta…”
“No, è che non sollevi i piedi!”
Tiro indietro istintivamente le spalle e raddrizzo la schiena, come a mascherare un difetto di postura o la svogliatezza che  mi portano a trascinarmi mollemente sull’asfalto invece che galleggiare a una spanna dal suolo. Il calzolaio riporta l’attenzione sugli stivaletti: li avvicina alla luce, fa passare un dito lungo il bordo, saggia con i polpastrelli la tenuta delle cuciture, con tanto affetto da provocarmi un moto di gelosia.
Sbircio in basso sotto al bancone per soddisfare una curiosità: in linea con la felpa col cappuccio e la maglia dei Fugazi, in fondo ai jeans spuntano delle Adidas Gazelle rosse. Cosa mi aspettavo di trovare, dei mocassini in coccodrillo?

“E qui? Come mai è così?” mi mostra il tacco destro, dove manca un pezzo di para.
“Lì è stata Rita, il coniglio che ho a casa. L’ultima volta che ho lavato gli stivali li ho messi in giardino ad asciugare, e Rita è saltata sul muretto per assaggiarli. Fortunatamente non gli sono piaciuti.”
“È che i conigli hanno bisogno di rosicchiare, perché i denti davanti continuano a crescere. Glielo dai del pane secco?”
Il calzolaio attende la mia risposta guardandomi negli occhi e io non posso far altro che confessare:
“Quello lo lanciano i vicini dal terrazzo. Meno male, perché se quel coniglio dipendesse solo da me sarebbe morto di fame molto tempo fa.”
Ricevo un’altra occhiata piena di disappunto. La battuta non è stata apprezzata. Possiamo tornare a parlare delle mie scarpe adesso?
“Allora, per aggiustarli devo sostituire questo pezzo” mi fa, mentre strappa la suola consumata.
“Benissimo. Ma posso anche aspettare. Adesso non…”
“Guarda che non riesco a farteli prima di venerdì.”
“Certo. Venerdì è perfetto. Quanto ti devo?"
“Per questa riparazione chiedo 7 euro. E vedi che con 7 euro non ti fa più niente nessuno.”
“Hai ragione. Anche se ultimamente ho notato che qualche negoziante ha provato ad alzare i prezzi, con la scusa che adesso il Pigneto è di moda.”
“Ma noi non possiamo mica chiedere i soldi che chiedono al centro!”
“Sono d’accordo” affermo, mentre allungo i soldi per pagare. Resto con il portafoglio aperto per accogliere lo scontrino che non viene stampato.
“Fra l’altro, anche questa cosa dei quartieri trendy… Ho letto che adesso puntano tutti sul rivitalizzare il Quadraro…” lo dico con la sicurezza del collaboratore di Vice, sito che il mio calzolaio probabilmente non frequenta.
“Ma che se ne vadano tutti al Quadraro e ci lascino in pace a noi. Senti, che nome metto?”
“Claudia”
“Bene cara, ci vediamo venerdì” Niente ricevuta, niente cedolino.
“Va bene. A venerdì. Grazie.”

I miei stivali vengono riposti su una mensola, addossati a altre decine di scarpe bisognose di cure. Li guardo un’ultima volta e infilo la porta: questo è un arrivederci, non un addio.